La ritualità del Maggio in Basilicata
...Ma cosa rappresentava questo rito nell'antichità? Il Matrimonio Sacro, lo Hieros Gamos, è un tema ricorrente nell'arte religiosa già nel Neolitico e nell'Età del Bronzo. Era un insieme di riti celebrati nelle più importanti occasioni religiose, come il ritorno della Primavera, per lo più a Maggio. Anche oggi, d'altronde, è in questo mese che si celebrano, in molte regioni, numerose sagre e feste "primaverili". In quel tempo, l'unione del maschile con il femminile, simboleggiata da quella di due alberi, e accompagnata da feste, canti e rituali amorosi, era celebrata come la sacra manifestazione dei misteriosi poteri che danno e mantengono la vita. In una delle più antiche civiltà storiche, di cui abbiamo testimonianze scritte, presso i Sumeri, 6.000 - 8.000 anni fa, veniva ogni anno celebrato il Matrimonio Sacro tra Inanna e Dumuzi, con una cerimonia in cui si univano sessualmente il monarca regnante e la Somma Sacerdotessa nelle vesti della Dea . L'elemento erotico, presente nelle tradizioni popolari europee fino a quando non ne fu estromesso dalla religione e dalla cultura dominante sessuofobica, che riteneva tali manifestazioni "abominevoli", presso le più antiche civiltà "pre - istoriche" non solo non era peccato ma, al contrario, rappresentava un modo fondamentale di avvicinarsi al Sacro. Quei riti infatti, erano considerati un necessario allineamento con i ritmi cosmici, un modo di entrare in contatto con la fecondità della Terra, un avvicinamento augurale con i poteri generatori di vita. Essi erano di buon auspicio per il benessere della comunità tutta e per la fertilità delle coltivazioni, degli esseri umani ed animali. Il problema per noi moderni è che, per comprendere veramente quelle culture e trarne preziosi quanto inaspettati insegnamenti, dovremmo toglierci le lenti deformanti dei nostri pregiudizi, a cominciare da quelli linguistici, riconsiderando attentamente il significato di parole come "sesso", "erotismo", "peccato" e così via, nel senso che, di questi e di altri termini, noi abbiamo una percezione degradata, ambigua o incompleta, e soprattutto, priva di senso critico. Riservandomi di sviluppare questo importante argomento in altra sede, nell'ambito di una interessante ricerca di risemantizzazione linguistica, mi limiterò ad osservare che, al giorno d'oggi ci ritroviamo in una situazione alquanto "singolare", forse perché frastornati da un eccesso d'informazioni che non abbiamo neanche il tempo di analizzare , ma fondamentalmente perché la nostra cultura non ci ha forniti gli strumenti per un'analisi critica, né l'abitudine al pensiero consapevole. "Sappiamo" tante cose, ma non sempre c'è chiaro il "senso" delle cose. Confondiamo, ad esempio, la moderna "emancipazione sessuale" , che spesso non è che puro consumismo, quanto non addirittura sordido sfruttamento e ignobile violenza, o comunque strumentalizzazione di un essere umano (in prevalenza di sesso femminile) da parte di un altro - con l'erotismo, o con i costumi sessuali di quelle antichissime civiltà… Al di là dell'essere dei barbari privi di senno, quei popoli - secondo quanto possiamo "leggere" dalle immagini che sono giunte a noi, e che oggi ci sono più chiare grazie al prezioso lavoro di ritrovamento archeologico e di sistematizzazione di studiosi eminenti come Marija Gimbutas, e altri generosi ricercatori - avevano del sesso una visione di certo meno contorta e deformata di quella che, spesso ci ritroviamo noi. Basta osservare con attenzione: innanzitutto nelle innumerevoli scene dipinte, graffite, o affrescate sulle pareti di grotte, tombe o case, in tutta la Vecchia Europa e nelle isole Egee ed in altre ancora, non percepiamo alcuna violenza. Non ci sono esempi illustrati di caccia, di stupro, di conquista, di tortura o di guerra (cosa che avverrà regolarmente in seguito, in tutto il periodo "storico", che anzi segnerà l'apoteosi monomaniacale di quelle tematiche, compresa la retorica andro -celebrativa); non ci sono nemmeno tracce di gratuita promiscuità o orgia sessuale fine a se stessa, né segni di abbandoni egoistici o privati; al contrario, il sesso appare come il mezzo per arrivare ad una consapevolezza superiore, e per avvicinarsi alla totalità, all'interezza, per sintonizzarsi con l'Universo. È messa in chiara evidenza il senso dell'autorevolezza femminile, e l'importanza attribuita ai valori di cui questo è portatore. Viene evidenziato, nell'espressione artistica, il dare e mantenere la vita, piuttosto che il dare la morte e la sofferenza. È sufficiente guardare le innumerevoli immagini pittoriche, graffite, scolpite o create con l'argilla, di donne - dee che partoriscono e allattano, rappresentate nello splendore della loro completa nudità e nella consapevolezza dell'importanza di ciò che stanno compiendo. Sono immagini potenti, ancorché non monumentali - poichè non ne avevano bisogno - in cui si percepisce il senso della bellezza e non quello dell'"indecenza". Solo in seguito, con l'avvento della cultura patriarcale, alle immagini del "dare la vita", poi coperte dal tabù dell'oscenità, saranno impunemente sostituite quelle del "dare la morte", a cui verrà attribuito ogni possibile valore. Continua... |